a cura di Alessandro Carassale, Claudio Littardi, Irma Naso, Centro Studi per la Storia dell’Alimentazione e della Cultura Materiale “Anna Maria Nada Patrone”-CeSA – Philobiblon edizioni, Ventimiglia 2016 (Centro Studi Cesa – Saggi e Ricerche 1, Collana diretta da Irma Naso), pp. 386.
Il volume, che inaugura la collana “Saggi e Ricerche” del Centro Studi CeSA, raccoglie i testi degli interventi presentati al Convegno internazionale di studi “Il fico. L’albero e i suoi frutti tra storia, letteratura, arte e botanica” (Sanremo – Bordighera, 22-23 maggio 2015). I diciotto contributi, di studiosi italiani e stranieri, sono strutturati in quattro sezioni: Produzione e conservazione; Mercati e consumi; Testimonianze letterarie, artistiche, glottologiche; Varietà botaniche e diversità genetica in area mediterranea.
Perché un convegno – e un libro – sul fico? A parte la rilevanza di un albero che connota come pochi altri il paesaggio agrario mediterraneo, la lettura di vari saggi svela i caratteri del tutto peculiari della pianta: basterà accennare alle sue specificità biologiche e morfologiche o al suo ambiguo significato simbolico come ‘albero del bene e del male’, rappresentato nella iconografia medievale e nell’arte pittorica di età moderna. Non meno significativo è poi il ruolo dei frutti essiccati, i fichi secchi, che alimentano flussi commerciali dall’Europa del sud alle regioni continentali e settentrionali, e che appaiono di conseguenza come derrata diffusa a tutte le latitudini. Per tacere della ‘originalità’ del fico-frutto al quale – eccezionalmente – il pensiero medico-scientifico antico e medievale riconosceva una serie di proprietà benefiche, tanto da ritenerlo il migliore di tutti i frutti per la salute dell’uomo. Accanto alle rappresentazioni artistiche e ai trattati medico- dietetici, la tipologia delle fonti cui si ispirano i diversi saggi del volume spazia dall’analisi di testi normativi comunali a opere di letteratura agronomica, da ricettari di cucina a fonti monastiche e a documenti contabili, fino a comprendere testimonianze folkloriche e sopravvivenze glottologiche. Da una gamma così ampia di fonti, analizzate secondo diversi approcci metodologici, emergono dati per lo più inediti, oltre a qualche curiosità, circa la coltivazione del fico, la conservazione dei frutti mediante essiccazione e il commercio dei fichi secchi, nonché i consumi e gli usi culinari in determinati contesti anche sociali e in alcune aree campione. Per la penisola italica, l’attenzione si sofferma in particolare sulla Liguria – regione di cui fra l’altro vengono classificate le numerose varietà rintracciate specificamente nella riviera di Ponente – e sulla Toscana. Fuori d’Italia, e segnatamente nella penisola iberica, lo sguardo si posa sul regno d’Aragona e sui territori islamici di al-Andalus, ma si estende anche all’Europa nord-occidentale, importante area di mercato della frutta secca proveniente dai porti del Mediterraneo, specie tra i secoli XIII e XVI. La ‘geografia’ del volume non trascura poi la Tunisia, attualmente grande esportatrice di frutta secca e terra connotata da una notevole variabilità genetica e morfologica delle cultivar di fico. Quanto all’ambito cronologico, se alcuni dei saggi offrono una prospettiva di lungo periodo che spazia dall’antichità alla prima età moderna o dal medioevo all’Otto-Novecento, altri si concentrano piuttosto sull’epoca medievale. Gli interventi della Tavola rotonda conclusiva allargano la prospettiva dell’indagine apportando ulteriori interessanti contributi sul tema per specifiche realtà locali. Il volume, corredato di un inserto a colori, si chiude con tre Indici: delle varietà di fico, dei luoghi, dei nomi.
Irma Naso
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