Le Désir et le Goût. Une autre histoire (XIIIe-XVIIIe siècles)

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Le Désir et le Goût. Une autre histoire (XIIIe-XVIIIe  siècles),
Actes du colloque international à la mémoire de Jean-Louis Flandrin (Saint-Denis, septembre 2003), Sous la direction de Odile Redon, Line Sallmann, Sylvie Steinberg, Presses Universitaires de Vincennes, Saint-Denis 2005, 408 pp. + tavv. col.

Nel settembre 2003 si tenne a Saint-Denis un Convegno internazionale dal titolo “Le désir et le goût” per ricordare Jean-Louis Flandrin, eccezionale figura di studioso (scomparso nel 2001) il cui lavoro di ricerca ha contribuito a rinnovare profondamente la storia dei comportamenti e delle sensibilità tra medioevo ed età moderna, attraverso l’esplorazione dei non agevoli sentieri di una storia “altra” e indicando nuove linee di indagine.

A promuovere e organizzare quell’importante incontro di studi furono i colleghi e gli allievi a lui più vicini, tra cui Odile Redon, Line Sallmann e Sylvie Steinberg, che hanno poi magistralmente curato la pubblicazione di questi Atti.
Il volume è strutturato in cinque sezioni. La prima, dedicata a “Trent’anni di storia delle sensibilità”, presenta i grandi percorsi della ricerca negli ultimi decenni (1970-2000) in materia di storia dell’alimentazione, della famiglia e della sessualità, territori privilegiati da Jean-Louis Flandrin. Il saggio di André Burguière, Storia e demografia. Dialogue con Jean-Louis Flandrin, ripropone in particolare il tono del dibattito sui principali temi della demografia storica, settore di studi per il quale lo studioso ha indicato un approccio metodologicamente molto originale. I contributi di Alain Corbin, Le principali tappe della storia del sesso in Occidente, e di Odile Redon – Bruno Laurioux, Storia dell’alimentazione tra Medioevo ed Età Moderna, fanno il punto rispettivamente su due degli ambiti storiografici in cui Flandrin è stato pioniere e maestro, riservando ampio spazio alla bibliografia che è opportunamente raggruppata alla fine di ciascun saggio.

La seconda parte, intitolata “L’invenzione dei gusti”, che delinea le variazioni del gusto secondo i luoghi e i tempi, si apre con il lavoro di Bruno Laurioux, I viaggiatori e la gastronomia in Europa nel secolo XV, in cui si rimarca l’importanza dei viaggi per la circolazione dei cibi e delle preferenze gastronomiche: proprio la letteratura di viaggio attesta l’esistenza – sin dal Medioevo – di una geografia europea dei prodotti alimentari e dei gusti, che risulta ben evidente in particolare dall’esame delle opere di alcuni autori del secondo Quattrocento. Nathalie Héraud approfondisce il tema Esotismo culinario e rappresentazioni nazionali nelle cucine europee del  Cinquecento e del primo Seicento: la testimonianza dei libri di cucina, a partire dall’assunto di Jean-Louis Flandrin, teso a dimostrare come anche i gusti alimentari abbiano una storia, cui gli antichi libri di cucina – reperibili in Occidente a partire dalla fine del secolo XIII – apportano un contributo essenziale: nel caso specifico tale contributo si realizza nell’individuare, da un lato, le identità gastronomiche nazionali e, dall’altro, l’interesse per le ricette delle cucine ‘straniere’. Sulle Associazioni di sapori nei libri di cucina francese del secolo XVI si soffermano Philip e Mary Hyman, che espongono –  attraverso l’analisi ‘statistica’ – le ricette di un libro di cucina francese del Cinquecento, esaminandone in particolare i condimenti (spezie, elementi acidi e grassi) e servendosi di utili grafici. Antoine Jacobsohn  prende in considerazione Le tecniche agricole e il gusto degli alimenti in epoca moderna: il frumento e il pane in Francia nel secolo XVIII e, con originalità di metodo, mette in evidenza i numerosi legami esistenti tra i sistemi di produzione e la qualità alimentare, tra i metodi di produzione agraria e il sapore dei prodotti, chiarendo così come anche la storia naturale – qui nel senso di studio biologico – possa contribuire alla conoscenza dei ritmi di certi cambiamenti umani.

La terza sezione, riguardante i “Desideri sotto controllo”, si riferisce al disciplinamento degli  ‘appetiti’ tanto della gola come dell’eros, da parte sia della scienza medica, sia della precettistica religiosa. Vi compaiono alcuni contributi che illustrano restrizioni e divieti prescritti in aree geografiche e tempi diversi, limitando fortemente la libertà individuale e condizionando quindi gusti e desideri degli uomini e delle donne del passato. L’intervento di Bernard Rosenberger, Dietetica e cucina nella Spagna musulmana del XIII secolo, attraverso lo studio comparato di due trattati medico-dietetici e altrettante raccolte di ricette, mostra le interrelazioni esistenti tra la dottrina medica – con le sue regole alimentari – e la pratica culinaria. Marilyn Nicoud, I  medici alla corte di Francesco Sforza o come governare il principe (seconda metà del secolo XV), interroga la ricca documentazione disponibile per il Ducato di Milano (visto come interessante osservatorio delle pratiche mediche nell’ambito delle élites) tra il 1450 e il 1466, per delineare le funzioni dei medici di corte preposti al controllo della salute del principe: il loro incarico li obbliga di fatto a interferire pesantemente in ogni momento della vita dell’illustre paziente, con il quale entrano – almeno potenzialmente – in conflitto per quanto attiene all’idea di salute e di malattia e, conseguentemente, anche per quanto riguarda il governo del corpo. Le norme ecclesiastiche in materia di sessualità e di repressione del desiderio – anche all’interno dei rapporti coniugali – sono oggetto della ricerca di Sarah F. Matthews Grieco, “La Mouche au laict”. Amore e lussuria nei libri di emblemi in Francia nel XVI secolo: vi si  analizza in particolare il genere letterario dell’emblematica che, a partire dal pieno Cinquecento, contribuisce a divulgare nella cultura e nella mentalità del tempo un modello di comportamento femminile fondato sull’autodisciplina e sulla ragione, rappresentando – anche con il contributo delle arti figurative – una nuova etica dei rapporti amorosi. Infine Cathy  McClive, Generare durante il ciclo mestruale: dovere coniugale e disciplina sessuale in epoca moderna sviluppa il tema del controllo delle pratiche sessuali attraverso specifici precetti riguardanti il periodo mestruale, reperibili sia in testi medici sia in opere morali, regole che, legate al tabù del sangue, si fondano sull’idea dell’impurità femminile e del danno per l’eventuale nascituro.

La sezione che segue, la quarta, è dedicata ai “Drammi intimi” e, con i suoi cinque saggi, risulta  la più corposa. Didier Lett, L’abito non fa il monaco. I travestimenti in “Frère Denise” (1262) di Rutebeuf,  analizza il fabliau in questione, che mette in scena il travestimento di una fanciulla, la quale –  irretita da un frate intenzionato ad abusare di lei –  entra in convento, per essere poi smascherata e finire in sposa a uno dei suoi pretendenti. All’espressione dei sentimenti e dei conflitti nella dimensione privata delle relazioni familiari Christiane Klapisch-Zuber riserva il suo contributo Diffondere l’ingiuria? I limiti dell’intimo nella scrittura privata, fondato sull’analisi del libro di casa di una famiglia del patriziato fiorentino nella prima metà del secolo XVI. Dorothea Nolde interviene sul Ruolo della violenza  nei rapporti coniugali in Francia alla fine del Cinquecento e all’inizio del Seicento, analizzando testi di carattere normativo (letteratura giuridica e opere teologiche sul matrimonio), fonti narrative (in particolare raccolte di novelle), documentazione proveniente dagli archivi giudiziari (atti processuali), individua nella punizione fisica maschile un elemento essenziale dell’ordine matrimoniale nella forma del diritto di correzione della donna, mentre la violenza femminile nei confronti dei mariti è interpretata come una grave minaccia per l’ordine coniugale. Lo studio concernente I bambini nati da amori ancillari (Francia, XVI-XVII secolo) di Sylvie Steinberg si diffonde sul problema delle nascite illegittime –  ancora utilizzando fonti di carattere giudiziario – con particolare riferimento al frutto di relazioni intime tra padroni e serve di casa. Infine  Sylvie Perrier, Le relazioni domestiche nelle famiglie “ricomposte”  della Francia di Ancien Régime, affronta il discorso dei rapporti intercorrenti tra persone di sesso e generazioni diverse all’interno della famiglia dominata dall’autorità del padre, poi eventualmente trasferita alla vedova, fino agli esempi di seconde nozze con la conseguente nuova distribuzione dei poteri.

Infine la quinta e ultima parte è dedicata allo “Storico del sensibile”, alla figura di Jean-Louis Flandrin che – come si è visto – ha notevolmente influenzato la storiografia europea degli ultimi decenni, rinnovando profondamente gli studi, tanto nel metodo, quanto nei filoni tematici proposti. Massimo Montanari nel suo intervento Uno storico gourmand ne ricorda fra l’altro la capacità di elaborare idee nuove, la curiosità scientifica e l’attenzione ai dettagli, prima sistematicamente ignorati, alle sfumature sempre trascurate, mettendo in luce la sua visione di una storia mai immobile ma anzi in continua trasformazione e rilevandone l’affascinante modello di ricerca, applicato in particolare ad alcuni soggetti storiografici assolutamente originali: la correlazione tra gastronomia e dietetica, lo “statuto dei cibi” (vale a dire il significato che questi assumono nel sistema di valori di una determinata società), la struttura del pasto quale indice dell’importanza attribuita ai diversi alimenti in un certo contesto. Georges Vigarello nelle riflessioni conclusive, Continuare l’opera di Jean-Louis Flandrin, individua tre principali assi portanti della sua storia dell’intimità e del corpo: l’interesse per gli aspetti “qualitativi” dei comportamenti e per il modo di ricavarne valutazioni oggettive; il ricorso a una visione sempre rigorosa del tempo e dei ritmi di cambiamento; l’avvalersi  di una prospettiva “inglobante” dei fatti e delle loro conseguenze: indirizzi di ricerca ormai segnati che continueranno a dare frutti preziosi.
Le belle illustrazioni a colori, tratte in prevalenza da codici tardomedievali di ambito francese, tedesco ed inglese, presentano scene d’amore e tavole imbandite, riprendendo così alcune tra le principali idee guida del volume.

Il libro, completato dalla bibliografia di Jean-Louis Flandrin ricca di una novantina di titoli, si segnala dunque – in piena coerenza con la lezione dell’autore che intende celebrare – per l’ampio ventaglio di fonti complessivamente proposte nei vari contributi e per l’originalità di metodo che ne caratterizza molti, oltre che per l’indicazione in taluni casi di ulteriori piste di ricerca da esplorare per conoscere sempre meglio desideri e gusti del passato. In sostanza Le Désir et le Goût va considerato come un fondamentale bilancio degli studi attraverso gli itinerari suggestivi di una storia abbastanza inconsueta, quella “degli usi, delle tradizioni e delle rotture che un tempo regolavano la ricerca del gusto e del piacere, tra sofferenze ed emozioni quotidiane”.

Irma Naso

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