Per ricordare Odile Redon

Odile Redon, insigne studiosa di storia medievale, è scomparsa all’età di settant’anni il 26 febbraio 2007 nella sua casa di Parigi. Le esequie sono state celebrate il 2 marzo nella chiesa di Chouzé sur Loire, dove aveva una casa di campagna e i legami familiari più cari.
Nel 1999, dopo quasi trent’anni di insegnamento presso l’Università  Paris-VIII,  aveva lasciato l’attività didattica per essere poi nominata professore emerito.

Tra i prestigiosi incarichi che aveva ricoperto basterà menzionare la direzione della rivista pluridisciplinare “Médiévales”, di cui era stata l’anima stessa nonché attiva collaboratrice. L’invito a far parte del Comitato scientifico del Centro studi per la storia dell’alimentazione e della cultura materiale “Anna Maria Nada Patrone” l’aveva subito entusiasmata: nell’ottobre  2003, in occasione del primo incontro promosso dal nostro Centro, “La memoria del cibo: realtà, fantasmi, ragione”, aveva delineato un lucido ed efficace quadro della più recente storiografia francese sul cibo e la cucina nel medioevo.

L’Italia era diventata per lei la seconda patria, che amava sia per le peculiari vicende storiche, sia per la presenza di amicizie e affetti cresciuti nel tempo. Tra i molteplici campi di ricerca che ne hanno caratterizzato la figura di studiosa si segnala l’interesse per la Toscana medievale, di cui era specialista riconosciuta a livello internazionale. In particolare le indagini sul territorio senese, per la loro originalità di metodo, hanno costituito un modello storiografico: il volume Lo spazio di una città. Siena e la Toscana meridionale, secoli XIII-XIV, tradotto in italiano nel 1999 (Nuova Immagine-Viella) rimane uno dei suoi lavori più significativi.

Odile seguiva comunque anche altre direzioni di ricerca, che praticava attraverso instancabili analisi documentarie: a testimoniare la speciale attenzione per la storia dell’alimentazione, cui aveva dato un  impulso decisivo l’incontro all’Università con Jean-Louis Flandrin, restano svariati articoli  e  il corposo saggio introduttivo al celebre volume A tavola nel Medioevo, in cui sono pubblicate centocinquanta ricette tratte da libri di cucina francesi e italiani dei secoli XIV-XVI, edito in Italia da Laterza nel 1994 e poi ristampato. La gamma dei suoi interessi scientifici si estendeva sino ad includere anche il tema della santità nel medioevo, soprattutto quella femminile ed eremitica.

Una sintesi degli argomenti da lei privilegiati è l’importante libro Scrivere il Medioevo. Lo spazio, la santità, il  cibo (Viella, 2001), una raccolta di saggi firmati da amici ed allievi che le resero omaggio in occasione dei sessantacinque anni, pubblicandone anche la ricca bibliografia. Ultimamente si stava dedicando più in specifico al notariato e alla cronachistica medievale, tanto da avere lanciato il progetto di tradurre in francese le cronache trecentesche del fiorentino Giovanni Villani, come si legge nel profilo tracciato dal medievista Bruno Laurioux e comparso su “Le Monde” in concomitanza con la sua scomparsa.

Nel periodo dell’attività accademica, e ancora successivamente, aveva collaborato all’organizzazione di numerosi convegni e  seminari di studio, formula quest’ultima che non  nascondeva di preferire a quella più strutturata e rigida dei congressi scientifici, meno aperti al libero dibattito e ai giovani ricercatori: a costoro Odile guardava con estrema partecipazione e umana simpatia, orientata com’era a veder progredire la ricerca attraverso la proposta di idee e  metodologie sempre nuove.

Una tra le sue ultime ‘fatiche’ è stata la pianificazione di un importante convegno internazionale in memoria del collega e amico carissimo Jean-Louis Flandrin; e subito dopo l’impegno profuso nella pubblicazione degli Atti di quello stesso convegno con il volume  Le Désir et le Goût. Une autre histoire, XIIIe-XVIIIe siècles  (Presses Universitaires de Vincennes, 2005).

La notizia della morte di Odile, che ha suscitato sgomento e commozione tra quanti l’hanno conosciuta, è stata ripresa fra l’altro da  “La Nazione”, “La Stampa” e il “Corriere della Sera”: nell’Elzeviro di quest’ultimo, dal titolo “Un’alchimista da medioevo”, si legge che con la Redon – opportunamente ricordata come “un dono al gusto di fare storia” – scompare “per molti aspetti un’epoca, di certo una mente raffinata che sapeva intrattenervi per un intero giorno sull’uso dei grassi in cucina o sui rapporti tra cibo e beatitudine”, parole che esprimono con penetrante efficacia lo spirito e il piacere di cui si animava il suo lavoro.

Noi che abbiamo avuto la fortuna di frequentarla negli ultimi anni, durante i pur brevi ma intensi incontri periodici a Guarene (appuntamento che con rammarico aveva mancato lo scorso novembre per l’aggravarsi della malattia), la ricordiamo con grande stima e affetto. Ne sentiremo certamente la mancanza non solo come studiosa rigorosa e autorevole, che sapeva esprimere le proprie personali opinioni con garbo e signorilità, ma anche come donna generosa che credeva veramente nel valore dell’amicizia: una figura di riferimento gioviale e sensibile, della quale non potremo che rimpiangere lo stesso stile personale e il modo in cui sapeva apprezzare le occasioni conviviali, condividendo con fresca spontaneità gli aspetti gioiosi della vita.

Irma  Naso

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